Fattura elettronica, regime forfettario, evasione fiscale e crescita

Fattura elettronica, regime forfettario, evasione fiscale e crescita

 

Premessa

Come noto, la fatturazione elettronica è diventata obbligatoria a partire dal 1° gennaio 2019 per la generalità delle partite Iva. Tra le poche eccezioni rientrano i contribuenti minimi e quelli forfetari, e le operazioni con soggetti non stabiliti in Italia.
L’obbligo della fatturazione elettronica riguarda sia le operazioni verso soggetti con partita Iva che quelle nei confronti di privati.

Sempre a partire dal 2019 è stata innalzata a 65.000 euro la soglia dei ricavi al di sotto della quale le persone fisiche titolari di partita Iva possono rimanere all’interno del regime agevolato così detto “forfettario”.

Se l’idea alla base della fatturazione elettronica è quella di contrastare la forte evasione fiscale, e più in particolare l’evasione Iva, il proposito perseguito con l’innalzamento della soglia dei ricavi a 65.000 euro per i forfettari è quello di agevolare le microimprese sia dal punto di vista fiscale che dal punto di vista amministrativo. I soggetti forfettari infatti, nella maggior parte dei casi, godono di una tassazione più ridotta, mentre dal punto di vista amministrativo sono esonerati da numerosi adempimenti, primo tra tutti l’obbligo di emissione della fattura elettronica.

Di seguito ci proponiamo di analizzare le due misure fiscali in termini di obiettivi previsti con la loro introduzione e costi da sostenere per il loro raggiungimento.
Cercheremo infine di verificare se esiste un collegamento tra queste due novità fiscali del 2019.

Cenni storici

Il regime forfettario è entrato in vigore dal 2015 prima in “affiancamento” e poi in sostituzione del precedente regime dei contribuenti minimi, in vigore dal 2008. Entrambi sono regimi fiscali agevolati per persone fisiche che esercitano attività di impresa o di lavoro autonomo ed hanno come obiettivo quello di semplificare e rendere più vantaggioso l’apertura di una partita Iva. L’introduzione dei regimi agevolati è stata conseguente alla grave crisi economica mondiale che ha preso avvio negli Stati Uniti e metà 2007.

Se la storia dei regimi fiscali agevolati è strettamente legata alla crisi economica mondiale del 2007, la storia della fattura elettronica prende avvio diversi anni prima.
L’idea nasce nel 2001 in ambito comunitario, con la Direttiva n. 2001/115/CE.
L’obiettivo era quello di semplificare, modernizzare e armonizzare le modalità di fatturazione previste in materia di imposta sul valore aggiunto.La Direttiva prevedeva, tra le altre cose, la possibilità di emissione, trasmissione e conservazione delle fatture con modalità esclusivamente informatiche.

Nel 2004 il Legislatore italiano, recepisce la Direttiva europea dando attuazione ai principi in essa contenuti.
In base a tale normativa viene ammessa la possibilità di gestire il flusso della fatturazione secondo modalità interamente elettroniche. Per modalità “elettroniche”, tuttavia, si intendeva semplicemente la possibilità di inviare la fattura via e-mail o telefax.Rimaneva comunque l’obbligo, sia per chi emetteva che per chi riceveva la fattura, di stamparla e conservarla fisicamente.

Nel 2007 il Legislatore fissa l’obbligo della fatturazione elettronica per le operazioni poste in essere nei confronti della Pubblica Amministrazione.

La normativa in questione stabiliva che la trasmissione delle fatture elettroniche destinate alla Pubblica Amministrazione doveva essere effettuata attraverso il Sistema di Interscambio (SdI).

La fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione diventa operativa nel 2014, per Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e nel 2015 per tutti i restanti enti ed organismi della Pubblica Amministrazione.

Nel 2016 il Legislatore adotta specifiche misure per ridurre il tempo che intercorre tra le operazioni poste in essere dai contribuenti e la loro conoscibilità (e conseguente possibilità di controllo) da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza.
L’intento è quello di contrastare in questo modo l’evasione fiscale.Viene a tal fine introdotto l’obbligo della comunicazione trimestrale dei dati delle fatture emesse e ricevute (così detto spesometro o elenco clienti-fornitori) e diventa inoltre obbligatoria la comunicazione trimestrale delle liquidazioni periodiche Iva.

Infine, nel 2018, con la relativa Legge Finanziaria, viene stabilito che a partire dal 1° gennaio 2019 diventa obbligatoria l’emissione delle fatture elettroniche nei rapporti tra operatori economici e anche nei confronti di consumatori finali.
In base a tale provvedimento, il Legislatore italiano, allo scopo di disporre di uno strumento efficace nella lotta contro l’evasione fiscale, abbandona il principio della fatturazione elettronica su base volontaria, come stabilito dalle Direttive Comunitarie. Si discosta in questo modo dal comportamento di quasi tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea.
Per introdurre tale obbligo, l’Italia ha richiesto e ottenuto una specifica deroga a Bruxelles.

A livello europeo la situazione è così generalizzabile.
I Paesi europei o non hanno nessun obbligo particolare di fatturazione elettronica, oppure hanno introdotto (per lo più negli ultimi anni) un obbligo limitato alle operazioni nei confronti della Pubblica Amministrazione.
L’unica eccezione è rappresentata dal Portogallo, che ha introdotto l’obbligo della fatturazione elettronica generalizzata a partire dal 2013.
Il Portogallo, inoltre, non solo ha telematizzato tutti i registratori di cassa degli esercizi commerciali, collegandoli alla banca dati del fisco, ma ha anche introdotto la lotteria degli scontrini fiscali, incentivando in questo modo il consumatore finale a richiedere il documento fiscale.

Fattura elettronica e lotta all’evasione

Con l’introduzione della fattura elettronica viene sicuramente ottimizzato l’intento perseguito dal Legislatore già nel 2016, ovvero quello di ridurre drasticamente il tempo che intercorre tra le operazioni poste in essere dai contribuenti e la loro conoscibilità (e conseguente possibilità di controllo) da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza.
Con la fattura elettronica tale tempo è pressoché ridotto a zero.Inoltre, la fattura elettronica fornisce dei dati più precisi e maggiormente utilizzabili di quelli ottenuti con lo spesometro e con le comunicazioni Iva, strumenti che verranno infatti messi da parte.
Tuttavia, uno strumento efficace nella riduzione dei tempi per individuare un’evasione Iva non presuppone che esso sia altrettanto efficace nell’individuare una maggiore evasione Iva rispetto a prima.
In altre parole, l’Iva evasa accertata potrebbe rimanere la stessa, solo che con la fattura elettronica viene scoperta prima.

Naturalmente la fattura elettronica è un valido strumento per contrastare evasioni fiscali “minori”, quali per esempio quella relativa all’imposta di bollo sulla copia cartacea di fatture esenti, escluse o fuori campo Iva. In questo caso, con la fattura elettronica, il calcolo dell’imposta dovuta viene fatto direttamente dall’Agenzia delle Entrate.
Inoltre, la fattura elettronica è un valido strumento per contrastare quelle evasioni “grossolane”, come quelle relative alla detrazione di Iva su fatture di acquisto mai ricevute, oppure alla omissione di Iva a debito su fatture emesse oppure ancora all’indicazione in dichiarazione Iva di dati differenti da quelli reali. Ma questo tipo di evasione, che sicuramente la fatturazione elettronica contrasterà con efficacia, è un’evasione, a mio parere, di tipo residuale ed è peraltro già “intercettata” dall’invio telematico delle comunicazioni dati Iva e, in maniera meno incisiva, dallo spesometro.

L’evasione Iva più consistente risiede nella mancata emissione del documento fiscale (fattura o scontrino) o nella sotto fatturazione, cioè nella emissione di un documento fiscale di importo inferiore al dovuto.
Il primo caso riguarda in particolare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese al consumatore finale, per il quale lo scontrino o la fattura costituisce, nella maggior parte dei casi, un documento inutilizzabile.
Ora, la fattura può essere anche elettronica o fantascientifica, ma se il contribuente non la emette, come non la emetteva prima in formato cartaceo, quell’Iva evasa non verrà mai intercettata.

Un secondo comparto dove si annida la grande evasione, tra cui anche l’evasione Iva, è quello relativo alle operazioni con l’estero.
In questo caso l’evasione fiscale viene perpetrata adottando strumenti più sofisticati, spesso indistinguibili o camuffati da comportamenti elusivi.
Anche in questo caso, poiché la fattura elettronica non riguarda le operazioni con l’estero, questa non sarà efficace.

Fattura elettronica: costi e benefici

L’introduzione della fattura elettronica è un cambiamento radicale in termini procedurali, amministrativi e contabili. E questo cambiamento ha comportato dei costi.
L’acquisto del relativo software può variare dalle poche decine di euro all’anno a diverse centinaia, in base agli operatori ed ai servizi di assistenza e consulenza offerti.
Per coloro che emettono fatture e ricevute attraverso un registratore di cassa, il costo per l’adeguamento della macchina o per la sua sostituzione con un registratore abilitato alla fatturazione elettronica può arrivare a diverse migliaia di euro.
A fronte di tale costo, nella Finanziaria 2019 è previsto un contributo pari al 50% della spesa sostenuta fino ad un massimo di 250 euro concesso sotto forma di credito di imposta. Contributo a mio avviso insufficiente.

Al di là degli esborsi monetari, vi sono una serie di costi/problemi legati ai tempi di apprendimento orientamento e adattamento alla nuova procedura.
Il sito messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate per tutti i servizi legati alla fatturazione elettronica non è propriamente intuitivo, dovendo il contribuente, o chi per lui, destreggiarsi tra link che indicano “le tue fatture ricevute”, “le tue FE passive messe a disposizione”, nella sezione “fatture elettroniche e altri dati Iva”, e link che indicano “fatture ricevute” (il sito spiega “in qualità di cessionario/committente o intermediario per suo conto” …) nella sezione “monitoraggio delle ricevute dei file trasmessi”.

Lo stesso accesso al sito ministeriale non è immediato, dovendo il contribuente recarsi di persona presso un Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, oppure richiedere il Pin on line, oppure delegare un intermediario abilitato.
Nel caso di imprese sorte a partire dal 2018 o di imprese che non presentano la dichiarazione Iva (per esempio, le imprese sanitarie) è pressoché impossibile per l’intermediario abilitato richiedere telematicamente la delega per accedere al sito per conto del cliente.

Ancora, si rilevano problemi legati allo sfasamento dei tempi tra la prestazione del servizio o la cessione del bene e la ricezione della fattura da parte del cliente. Infatti, fino al 1° luglio 2019, al fine di agevolare le imprese impegnate nell’apprendimento delle nuove procedure, è ammessa possibilità di emettere la fattura entro il temine per la relativa liquidazione Iva. Non è quindi infrequente, soprattutto nei pubblici esercizi, che il consumatore che richiede la fattura elettronica non la ottenga immediatamente, dovendo attendere i tempi concessi all’esercente.

Non ultimi, naturalmente, i problemi legati allo scarto delle fatture emesse per le rigidità formali del sistema di interscambio.

Tutto questo porta a chiederci se vi sarà, alla fine di un comprensibile anche se difficile periodo di rodaggio e assestamento, una vera semplificazione e riduzione dei costi, e se soprattutto vi sarà una effettiva diminuzione dell’evasione fiscale.
Alla prima domanda, valutando in prospettiva il nuovo sistema, risponderei che probabilmente sì, la fatturazione elettronica porterà una semplificazione e una riduzione dei costi per l’impresa, anche se ad oggi l’unico soggetto che ne ha tratto vantaggio è stata la Pubblica Amministrazione.
Alla seconda domanda risponderei che l’evasione fiscale certamente diminuirà, ma non quanto ci si aspetterebbe da una rivoluzione così radicale come quella messa in atto dalla fatturazione elettronica.

Regime forfettario, evasione fiscale e crescita

La seconda importante novità in vigore dal 2019 è quella relativa all’innalzamento a 65.000 euro della soglia dei ricavi al di sotto della quale le persone fisiche titolari di partita Iva possono rimanere all’interno di quel regime agevolato così detto forfettario.

In questo caso ci domandiamo se l’innalzamento della soglia a 65.000 euro rappresenta una scelta vantaggiosa per la collettività.
La risposta immediata, quella sicuramente fornita dalla platea dei forfettari è un sì netto: le imposte sono generalmente più basse, e gli adempimenti ridotti. E non c’è il pensiero della fattura elettronica.

Ma a ben vedere è una scelta politica lungimirante?
Un primo campanello d’allarme, o se vogliamo un indizio di una situazione prospetticamente non proprio entusiasmante, è emerso nel corso di dicembre 2018.
Quando era oramai certa l’introduzione della norma sul regime forfettario, vi è stata una vera e propria corsa a chi fatturava di meno pur di poter così rientrare al di sotto la soglia dei 65.000 euro.
E le prospettive del 2019 ricalcano il mese di dicembre 2018: le imprese di minori dimensioni saranno incentivate più a rimanere al di sotto della soglia di ricavi di 65.000 euro, che non a crescere.

Agevolare le microimprese sia dal punto di vista fiscale che dal punto di vista amministrativo è un giusto obiettivo che uno Stato deve perseguire. Ma allo stesso modo occorrerebbe incentivare la crescita delle imprese, se si vuole far crescere l’intero Paese.
L’allargamento del regime forfettario, senza ulteriori misure a favore di chi incrementa la propria attività, rischia di premiare solo la non crescita del Paese.

La seconda domanda che ci poniamo è se il regime forfettario in generale, e in particolare l’innalzamento della sua soglia a 65.000 euro, ha un impatto sulla fatturazione elettronica. O meglio, sull’obiettivo di contrasto all’evasione perseguito con la fatturazione elettronica.
Abbiamo detto che la fattura elettronica, in un’ottica di contrasto all’evasione fiscale, è perfettamente inutile nel caso di soggetti che non emettono fattura.
La mancata emissione della fattura è più probabile che avvenga nel caso cessione di beni o prestazioni di servizi verso clienti privati.
Ebbene, non è infondato supporre che il regime forfettario contribuirà ad un incremento dell’evasione fiscale.
Infatti, al pari di un privato, il soggetto in regime forfettario non può dedurre alcun importo di spesa. Le fatture dei suoi fornitori sono da un punto di vista fiscale perfettamente irrilevanti. E quindi, al pari del soggetto privato, il contribuente forfettario non ha alcun incentivo a richiedere la fattura.
Le conclusioni per analogia traetele voi.

Considerazioni finali

In conclusione, le considerazioni legate ai temi trattati possono essere di seguito sintetizzate.

Si è detto che la fatturazione elettronica rappresenta un cambiamento radicale, una rivoluzione dal punto di vista amministrativo che vede l’Italia pioniera in Europa.
Nasce con l’idea di abbattere l’evasione fiscale e i suoi sostenitori prevedono che con essa vi sarà una maggiore semplificazione e riduzione dei costi per le imprese.
A mio avviso, sicuramente vi sarà una riduzione dell’evasione fiscale, ma non tanto quanto ci si aspetterebbe da un cambiamento radicale come questo.
Il vero problema è la mancata emissione della fattura negli scambi commerciali, e questo problema non solo persiste con la fattura elettronica, ma si aggrava con l’allargamento della platea dei forfettari, cioè di quei soggetti assimilati a consumatori finali per i quali la fattura di acquisto è fiscalmente irrilevante.

La seconda riflessione riguarda il tema della crescita economica del Paese.
In un periodo di scarsa crescita non bisogna premiare solo chi non cresce, ma anche chi cresce!
L’aumento a 65.000 euro della soglia dei ricavi per il regime forfettario incentiva un livellamento verso il basso del reddito pro capite e quindi una non crescita.
Le misure che agevolano dal punto di vista fiscale e amministrativo le piccole imprese sono sacrosante. Ma è altrettanto importante incentivare la crescita dell’impresa e premiare anche chi aumenta i propri ricavi, chi assume dipendenti, chi amplia l’attività, chi acquisisce know how.
Questa è la strada per acquisire maggiore competitività, affrontare le nuove sfide della concorrenza e più in generale per crescere economicamente come Paese.

MARCO MASTROMATTEI

Marco Mastromattei
info@studiomastromattei.it
Nessun Commento

I commenti non sono permessi in questo momento