IL RIADDEBITO DELLE SPESE COMUNI DELLO STUDIO UTILIZZATO DA PIU PROFESSIONISTI

IL RIADDEBITO DELLE SPESE COMUNI DELLO STUDIO UTILIZZATO DA PIU PROFESSIONISTI

L’Agenzia delle Entrate, attraverso la Risposta 14.7.2025, n. 189, ha confermato le indicazioni fornite in passato nelle Circolari 18.6.2001, n. 58/E e 23.6.2010, n. 38/E.
Ha ribadito quindi che, nel caso in cui:

  • lo studio e il personale dipendente sono utilizzati da diversi professionisti che esercitano la propria attività nello stesso studio, non costituito in associazione professionale;
  • le spese “comuni” relative allo studio e al personale dipendente sono sostenute da uno dei professionisti che poi le riaddebita per una quota agli altri professionisti (in base agli accordi presi tra le parti);

il riaddebito delle spese comuni rappresenta un’operazione rilevante ai fini IVA e pertanto va emessa una fattura.
L’Agenzia precisa inoltre che l’importo (ri)addebitato va assoggettato a IVA con applicazione dell’aliquota ordinaria (22%).

Al ricorrere di tale fattispecie, infatti, l’Agenzia conferma il proprio orientamento in base al quale:

  • il sostenimento delle spese comuni da parte del professionista che poi provvede al riaddebito di parte delle stesse ai colleghi in base agli accordi presi tra le parti non è riconducibile ad un contratto di mandato senza rappresentanza;
  • va applicata l’aliquota IVA ordinaria del 22% in quanto il riaddebito delle spese in esame va considerato un importo relativo alla fornitura di una prestazione complessa. Ciò anche nel caso in cui, come nel caso oggetto della Risposta n. 189 in esame, l’importo addebitato rappresenti la sommatoria di specifiche spese analiticamente documentate e riaddebitate che, singolarmente considerate rappresentano beni / prestazioni non rilevanti o non soggette ad IVA. Nel caso specifico, parte delle spese erano relative ai costi per il personale dipendente (fuori campo IVA) e all’acquisto di giornali e riviste (non soggette ad IVA ai sensi dell’art. 74, DPR n. 633/72).

Qualora nella fattura di riaddebito delle spese in esame vengano addebitate anche somme a titolo di interessi legali (nel caso di specie, derivanti dal tardivo pagamento delle somme dovute da parte del professionista che ha fruito dei beni / servizi comuni), l’Agenzia conferma che le stesse, avendo natura risarcitoria, non concorrono alla formazione della base imponibile IVA ai sensi dell’art. 15, DPR n. 633/72 e pertanto non vanno assoggettate ad IVA.

 

Detraibilità dell’IVA

Per quanto riguarda il professionista che riceve la fattura di riaddebito delle spese in esame (con IVA), l’Agenzia precisa che la detraibilità dell’imposta va determinata in applicazione dell’ordinario criterio generale di cui all’art. 19, DPR n. 633/72, in base al quale l’imposta relativa all’acquisto di beni / servizi è detraibile nella misura in cui gli stessi siano riferibili all’esercizio dell’attività imponibile IVA.

 

Il contributo integrativo alla cassa professionale di appartenenza

In merito all’obbligo o meno di applicare il contributo integrativo alle somme addebitate in fattura dal professionista a titolo di rimborso delle spese comuni va fatto riferimento a quanto disposto dalla singola Cassa di appartenenza del professionista.

Si riscontra, ad esempio, che:

  • la Cassa dei Dottori Commercialisti  prevede che vanno assoggettati a contribuzione previdenziale tutti i corrispettivi rientranti nel volume d’affari IVA. Ciò comporta pertanto che anche alle somme riaddebitate in esame va applicato il contributo integrativo;
  • per gli iscritti alla Cassa Geometri, la base imponibile per il contributo integrativo è rappresentata dal volume d’affari al netto del riaddebito delle spese comuni tra professionisti;
  • Inarcassa, per Ingegneri e Architetti, prevede che per le somme riaddebitate il contributo integrativo non è dovuto, in ragione del fatto che le stesse non costituiscono compenso di natura professionale.

 

Riaddebito spese e reddito professionale

Per quanto riguarda il trattamento ai fini delle imposte dirette, ricordiamo che:

  • in base alle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nelle citate Circolari nn. 58/E e 38/E le somme fatturate dal professionista per l’uso in comune di immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio dell’attività e per i servizi a essi connessi, e rimborsate dagli altri utilizzatori:
    • non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo (non rilevano quindi quali componenti positivi di reddito);
    • determinano la diminuzione del costo sostenuto. Conseguentemente, le spese riaddebitate non sono deducibili; la deducibilità è riconosciuta per la parte di spese rimaste effettivamente a carico del professionista ed inerenti con l’esercizio dell’attività;
  • l’attuale testo dell’art. 54, comma 2, lett. c), TUIR, ha di fatto recepito l’orientamento sopra rammentato. Il citato comma 2 dispone infatti che le somme percepite a titolo di riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l’uso in comune di immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio dell’attività e per i servizi a essi connessi non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo. Non costituendo compenso professionale consegue che, come in passato, tale somma non va assoggettata a ritenuta. Contestualmente, il nuovo art. 54-ter, TUIR dispone che le spese riaddebitate in esame non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo. Ciò risulta in linea con l’orientamento espresso in passato dall’Agenzia, in base al quale le stesse non sono deducibili in considerazione del fatto che rappresentano costi non effettivamente sostenuti dal professionista perchè riferibili a  servizi utilizzati dagli “altri” professionisti che esercitano l’attività nello stesso studio. In merito, anche la Corte di Cassazione, con la sentenza 29.7.2015, n. 16035, è giunta alla conclusione che le somme pagate dal titolare dei contratti (di locazione e delle utenze) per le spese comuni dello studio risultano inerenti alla propria attività di lavoro autonomo per la parte imputabile ai servizi fruiti dal titolare dei contratti. Mentre non risultano inerenti all’attività del titolare dei contratti le quote parti dei servizi utilizzati  dagli altri professionisti. Conseguentemente, resta deducibile soltanto la parte di spesa rimasta carico del professionista (non riaddebitata), riferibile ai servizi utilizzati dallo stesso per l’esercizio della propria attività.

 

Collaboratori con partita IVA

Con l’ordinanza 21.2.2025, n. 4663 la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio ad uno studio legale associato con riferimento alle spese comuni non riaddebitate ai collaboratori dello stesso (considerate non deducibili).

Più in particolare, l’Agenzia delle Entrate contestava il fatto che lo studio non avesse riaddebitato quota-parte delle spese comuni di funzionamento di studio ai suoi collaboratori, deducendo integralmente le stesse spese.

Dopo aver ribadito che lo studio si avvale “di giovani collaboratori che prestano la propria attività unicamente quindi esclusivamente nei confronti dei titolari dello studio, emettendo per tale opera le proprie fatture”, i Giudici evidenziano che, nel caso di specie, non essendoci “alcun rapporto paritetico, di colleganza, tra studio legale e i collaboratori, i quali semplicemente soggiacciono alle direttive dei domini alle dipendenze dei quali operano percependo un compenso per l’attività svolta senza svolgere alcuna attività effettivamente autonomanon sorge la necessità di ripartire le spese di uno studio comune in quanto per i predetti collaboratorinessuna struttura è loro comune utilizzando costoro una struttura che è di altri i cui costi vanno sopportati esclusivamente da altri e conseguentemente sono dedotti – giustamente – esclusivamente da altri”.

Marco Mastromattei
info@studiomastromattei.it
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