Aspetti fiscali del commercio elettronico o e-commerce

Aspetti fiscali del commercio elettronico o e-commerce

 

Il presente lavoro è tratto dalle guide: “Imprese ed e-commerce. Marketing, aspetti legali e fiscali.” e “Il commercio elettronico di prodotti digitali. Aspetti fiscali.”.
Le guide sono pubblicate da Unioncamere Piemonte e da Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Torino.

Il commercio elettronico è una formula commerciale adottata negli ultimi anni da sempre più imprese.
La riduzione dei costi legata alla gestione di spazi virtuali e non più fisici, la facilità di contatto con potenziali clienti anche molto distanti geograficamente, la maggiore visibilità del proprio marchio sul web rispetto ad altre forme pubblicitarie, sono solo alcune delle motivazioni che hanno indotto molte aziende a puntare sull’e-commerce.

Nelle pagine che seguono si illustreranno i principali aspetti fiscali legati al commercio elettronico.

Il commercio elettronico può essere distinto tra:

  1. Commercio elettronico diretto
  2. Commercio elettronico indiretto

Sia ne commercio elettronico diretto, che in quello indiretto, possono essere poste in essere operazioni nei confronti di:

  • Consumatori finali (B2C o business to consumer)
  • Operatori economici (B2B o business to business)

 

IL COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO

Per commercio elettronico diretto si intende la vendita on-line di beni digitali scaricabili tramite “download”.
Il commercio elettronico diretto riguarda beni quali: software, musica, film, immagini, libri, banche dati, ecc.
Essendo i beni in oggetto essenzialmente immateriali, il commercio elettronico diretto può essere gestito attraverso modalità automatiche con un limitato intervento del fattore umano.

Ai fini IVA, le operazioni di cessione per via telematica di beni digitali, sia nei confronti di consumatori finali (B2C), che nei confronti di operatori economici (B2B), sono considerate prestazioni di servizi.

In quanto prestazioni di servizi, tali operazioni sono soggette all’obbligo di emissione della fattura.
Per le stesse non è quindi possibile beneficiare dell’esonero dall’obbligo di emissione della fattura (come affermato dalla Risoluzione 186/E del 30 settembre 2003 e dalla Risoluzione 274/E del 3 luglio 2008 – Agenzia delle Entrate).
Nel caso di operazioni B2C, secondo la Circolare 98/E del 17 maggio 2000 del Ministero delle Finanze non è neppure possibile l’emissione informatica di scontrini o ricevute fiscali.

Poiché grazie all’evoluzione della tecnologia la varietà di prodotti digitali ceduti on line si è via via moltiplicata, si pone il problema di individuare quali sono esattamente i servizi che rientrano nell’ambito del commercio elettronico diretto.
L’Allegato II della Direttiva 2006/112/CE fornisce un elenco dei servizi “fornibili” per via elettronica, così come definiti dagli articoli 58 e 59 della stessa Direttiva.
Inoltre, l’Allegato I del Regolamento CE 282/2011 fornisce a titolo esemplificativo e non esaustivo un dettaglio delle operazioni che rientrano nell’elenco di cui al punto precedente.

Ai fini IVA si possono individuare le seguenti fattispecie:

 

Cessione per via telematica di prodotti digitali nei confronti di consumatori finali (commercio elettronico diretto B2C)

In questo caso occorre distinguere tra:

 

1.      Consumatori finali italiani o di altro Paese UE.

Tale fattispecie è collocata nell’ambito dei servizi generici ed è disciplinata dalla regola generale prevista per le cessioni a consumatori finali, di cui all’articolo 7 ter, c. 1, lett. b, del DPR 633/1972.
Il servizio si considera effettuato nel Paese del prestatore.

Nel caso di cessione di prodotti digitali nei confronti di clienti consumatori finali italiani o di altri Paesi UE, l’operazione si considera effettuata in Italia.
Il prestatore del servizio dovrà emettere obbligatoriamente fattura nei confronti del cliente (consumatore finale italiano o di altro Paese UE), applicando in particolare l’aliquota IVA italiana.
Tale fattura dovrà essere emessa (al più tardi) all’atto del pagamento del corrispettivo, secondo le regole generali di cui all’art. 6, c. 3 e c. 4 del DPR 633/1972, e la stessa deve essere annotata sul registro delle fatture emesse entro 15 giorni dall’emissione e con riferimento alla data della sua emissione (art. 23 del DPR 633/1972).

 

2.      Consumatori finali di Paesi extra UE.

Tale fattispecie è disciplinata dalla regola specifica di cui all’articolo 7 septies, c. 1, lett. i, del DPR 633/1972.
Il servizio si considera effettuato nel Paese del committente.

Pertanto, il prestatore del servizio dovrà emettere fattura nei confronti del cliente – committente (consumatore finale extra UE) senza applicazione dell’Iva italiana, indicando in fattura la seguente nota: “Operazione non soggetta, articolo 7 septies, lett. i, del DPR n. 633/1972”.

Nel caso in cui l’importo del corrispettivo sia superiore a 77,47 euro, occorre assoggettare l’operazione a imposta di bollo di 2,00 euro.
A tal fine è consigliabile presentare domanda all’Agenzia delle Entrate per l’applicazione della procedura del bollo virtuale (art. 15 del Dpr 642/1972 e art. 7 del Dm 23 gennaio 2004).
Tale fattura dovrà essere annotata sul registro delle fatture emesse entro 15 giorni dall’emissione e con riferimento alla data della sua emissione (art. 23 del DPR 633/1972).

 

Cessione per via telematica di prodotti digitali nei confronti di operatori economici (commercio elettronico diretto B2B)

Tale fattispecie è collocata nell’ambito dei servizi generici ed è disciplinata dalla regola generale di cui all’articolo 7 ter, c. 1, lett. a, del DPR 633/1972.
Tali servizi si considerano effettuato nel Paese del committente.

 

1.      Operatori economici italiani

Nel caso di cessione di prodotti digitali nei confronti di clienti – operatori economici italiani, l’operazione si considera effettuata nel Paese del committente – cliente, ovvero in Italia (in base all’articolo 7 ter, c. 1, lett. a, del DPR 633/1972).

Il prestatore del servizio dovrà emettere fattura indicando tutti gli elementi obbligatori di cui all’articolo 21 del DPR 633/1972, tra i quali il numero di partita IVA del cliente.
La fattura deve essere emessa (al più tardi) all’atto del pagamento, secondo le regole generali di cui all’art. 6, c. 3 e c. 4, del DPR 633/1972 e deve essere annotata sul registro delle fatture emesse entro 15 giorni dall’emissione e con riferimento alla data della sua emissione (art. 23 del Dpr 633/1972).

 

2.      Operatori economici di altro Paese UE

Nel caso di cessione di prodotti digitali nei confronti di clienti – operatori economici residenti in altro Paese UE, l’operazione si considera effettuata nel Paese del committente – cliente.

Al fine di capire se il cliente del Paese UE è effettivamente un operatore economico (e quindi soggetto passivo all’imposta IVA del suo Paese), il prestatore italiano del servizio può rifarsi all’articolo 18 del Regolamento CE 282/2011, in cui si afferma:
 
“Comma 1. Salvo che disponga di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che un destinatario stabilito nella Comunità ha lo status di soggetto passivo:
a) se il destinatario gli ha comunicato il proprio numero individuale di identificazione IVA, qualora ottenga conferma della validità di tale numero d’identificazione nonché del nome e dell’indirizzo corrispondenti conformemente all’articolo 31 del regolamento (CE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto;
b) se il destinatario non ha ancora ricevuto un numero individuale di identificazione IVA, ma lo informa che ne ha fatto richiesta, qualora ottenga qualsiasi altra prova attestante che quest’ultimo è un soggetto passivo o una persona giuridica non soggetto passivo tenuta all’identificazione ai fini dell’IVA e effettui una verifica di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle informazioni fornite dal destinatario applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento.
Comma 2. Salvo che disponga di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che il destinatario stabilito nella Comunità non ha lo status di soggetto passivo qualora dimostri che tale destinatario non gli ha comunicato il suo numero individuale di identificazione IVA”.

Pertanto, salvo che disponga di informazioni contrarie, ad esempio sulla natura dei servizi forniti, il prestatore italiano del servizio può considerare che i servizi siano destinati all’attività economica del destinatario se, per tale operazione, costui gli ha comunicato il proprio numero individuale di identificazione Iva”.

Alla luce di quanto sopra esposto, il prestatore italiano del servizio dovrà emettere fattura nei confronti del cliente senza l’IVA e indicando nella stessa fattura la seguente nota: “Operazione articolo 7-ter, comma 1, lettera a), Dpr 633/1972 – inversione contabile”.
Inoltre, nella fattura deve essere indicato il numero di identificazione Iva attribuito al cliente dallo Stato membro di stabilimento.
Nel caso in cui l’importo del corrispettivo sia superiore a 77,47 euro, occorre assoggettare l’operazione a imposta di bollo di 2,00 euro.
A tal fine è consigliabile presentare domanda all’Agenzia delle Entrate per l’applicazione della procedura del bollo virtuale (articolo 15 del Dpr n. 642/1972 e articolo 7 del Dm 23 gennaio 2004).
Tale fattura deve essere annotata sul registro delle fatture emesse entro il giorno di emissione e con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione (art. 23 del DPR 633/1972).
Occorre presentare il modello Intra servizi, nell’ambito delle formalità Intrastat.
Nel caso di cliente di Paese black list occorre presentare la relativa comunicazione, se l’operazione è di importo superiore a 500 euro.

 

3.      Operatori economici di Paesi extra-UE

Nel caso di cessione di prodotti digitali nei confronti di clienti – operatori economici residenti in Paesi extra UE, l’operazione si considera effettuata nel Paese del committente – cliente.

Al fine di capire se il cliente del Paese extra UE è effettivamente un operatore economico (e quindi soggetto passivo all’imposta IVA del suo Paese), il prestatore italiano del servizio può rifarsi all’articolo 18 del Regolamento CE 282/2011, in cui si afferma:
“Comma 3. Salvo che disponga di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che il destinatario stabilito al di fuori della Comunità ha lo status di soggetto passivo:
a) qualora ottenga dal destinatario, un certificato rilasciato dalle autorità fiscali competenti per il destinatario attestante che questi svolge un’attività economica che gli dà diritto a ottenere un rimborso dell’IVA, a norma della Direttiva 86/560/CEE del Consiglio del 17 novembre 1986, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità
b) se il destinatario non è in possesso di tale certificato, qualora disponga del numero IVA o di un numero analogo attribuito al destinatario dal Paese di stabilimento dello stesso e utilizzato per identificare le imprese, o di qualsiasi altra prova attestante che il destinatario è un soggetto passivo ed effettui una verifica di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle informazioni fornite dal destinatario applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento”.

Alla luce di quanto sopra esposto, il prestatore italiano del servizio dovrà emettere fattura nei confronti del cliente senza indicare l’IVA e indicando nella stessa fattura la seguente nota: “Operazione non soggetta articolo 7-ter, comma 1, lettera a), DPR 633/1972”.
Nel caso in cui l’importo del corrispettivo sia superiore a 77,47 euro, occorre assoggettare l’operazione a imposta di bollo di 2,00 euro.
A tal fine è consigliabile presentare domanda all’Agenzia delle Entrate per l’applicazione della procedura del bollo virtuale (articolo 15 del Dpr n. 642/1972 e articolo 7 del Dm 23 gennaio 2004).
Tale fattura deve essere annotata sul registro delle fatture emesse entro il giorno di emissione e con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione (art. 23 del DPR 633/1972).
Nel caso di cliente di Paese black list occorre presentare la relativa comunicazione, se l’operazione è di importo superiore a 500 euro.

 

IL COMMERCIO ELETTRONICO INDIRETTO

Per commercio elettronico indiretto si intende la vendita tramite internet di beni fisici.

Ai fini IVA possiamo distinguere le seguenti fattispecie:

Cessione attraverso internet di beni fisici a consumatori finali (commercio elettronico indiretto B2C)

In questo caso occorre distinguere tra:

 

1.      Consumatori finali italiani

La cessione attraverso il canale telematico di beni fisici a consumatori finali italiani è esonerata:

  • dall’obbligo di emissione della fattura, salvo che la stessa sia richiesta dal cliente, non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (art. 22, c. 1 del Dpr 633/1972);
  • dall’obbligo di emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale (art. 2, c. 1, lettera oo, Dpr 696/1996).

Il venditore dovrà annotare i corrispettivi giornalieri delle vendite, Iva compresa, nel registro dei corrispettivi (art. 24 del DPR 633/1972).
L’annotazione deve essere eseguita entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione.
In sede di liquidazione periodica l’importo dell’Iva sulle vendite viene ottenuto scorporando l’Iva dal totale dei corrispettivi annotati.

L’operazione si considera effettuata all’atto della consegna o della spedizione dei prodotti, salvo che anteriormente venga eseguito il pagamento del corrispettivo o venga emessa fattura.
Nel caso di utilizzo della carta di credito, il pagamento del corrispettivo si considera effettuato quando il cliente inserisce i dati della sua carta di credito nel formulario informatico messo a disposizione dall’impresa venditrice e, cliccando il tasto invio, dispone il pagamento.

Poiché il cliente può chiedere l’emissione della fattura, è necessario che il sito Internet dell’impresa venditrice sia predisposto in modo tale che sia possibile, per l’acquirente, effettuare la relativa opzione e, conseguentemente, indicare i dati necessari per la fatturazione, tra i quali il suo codice fiscale.
Se, a richiesta dei clienti, sono state emesse fatture immediate, i relativi importi (al lordo dell’imposta) devono essere compresi nell’ammontare complessivo giornaliero.
Sul registro dei corrispettivi è necessario indicare: “comprese le fatture dal n. al n. (Circolare 3 del 15 gennaio 1973 dell’Agenzia delle Entrate)”.

 

2.      Consumatori finali di altro Paese UE

Nel caso di cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore, dall’acquirente o da un terzo, dall’Italia verso un altro Paese UE, la Direttiva 2006/112/CE (artt. da 32 a 34) fissa la regola generale in base alla quale l’operazione si considera effettuata nel Paese di partenza.

La stessa Direttiva prevede poi una deroga riguardo alle cessioni in ambito UE di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto nei confronti di consumatori finali o di soggetti ad essi assimilati.

L’art. 41, c. 1 del DL 331/1993 afferma che costituiscono cessioni non imponibili: “b) le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa.
La disposizione non si applica per le cessioni di mezzi di trasporto nuovi e di beni da installare, montare o assiemare ai sensi della lettera c). La disposizione non si applica altresì se l’ammontare delle cessioni effettuate in altro Stato membro non ha superato nell’anno solare precedente e non supera in quello in corso 100.000 euro, ovvero l’eventuale minore ammontare al riguardo stabilito da questo Stato a norma dell’articolo 34 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006”.

Nella vendita a consumatori finali, di altro Paese UE, di beni non soggetti ad accisa occorre distinguere in base all’ammontare dei corrispettivi dei beni venduti nel corso di un anno solare nel singolo Paese membro considerato.

  • sino ad una determinata soglia di corrispettivi (variabile a seconda del Paese UE di destinazione dei beni), l’operazione si considera effettuata nel Paese di partenza e si applica l’Iva del Paese di partenza (salvo opzione per l’applicazione dell’Iva del Paese di arrivo);
  • oltre tale soglia, l’operazione si considera effettuata nel Paese di arrivo e occorre applicare l’Iva del Paese di arrivo.

Cessioni di importo superiore alla soglia
Nel caso in cui l’ammontare complessivo delle vendite a distanza effettuate in ciascun Stato membro abbia superato nell’anno precedente, o superi nell’anno in corso, il limite di 100.000 euro (o l’eventuale minor importo stabilito nello Stato membro di destinazione), la società italiana deve aprire una posizione Iva in tale ultimo Stato membro (con identificazione diretta, oppure, laddove consentito, a mezzo di rappresentante fiscale) e, tramite tale posizione, sulle cessioni deve addebitare l’Iva locale.

Cessioni di importo non superiore alla soglia
Nel caso in cui l’ammontare delle cessioni effettuate risulti inferiore al limite stabilito nel Paese UE di destinazione, il cedente è tenuto ad applicare l’Iva italiana, salvo specifica opzione per l’applicazione dell’Iva del Paese di destinazione.

 

3.      Consumatori finali di Paesi extra –UE

Ai sensi dell’art. 8 del DPR 633/1972, costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili:
a) Le cessioni […] eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti

Il venditore italiano dovrà emettere fattura (immediata) nei confronti del cliente estero, indicando nella stessa le seguente nota: “operazione non imponibile articolo 8, primo comma, lettera a, del Dpr 633/1972” e annotare la fattura nel registro delle fatture emesse.

La merce verrà poi esportata verso il consumatore finale del Paese extra – UE normalmente a mezzo di spedizioniere doganale.
L’impresa italiana deve entrare in possesso della prova di avvenuta esportazione, chiedere allo spedizioniere doganale copia del Documento Accompagnamento Esportazione (DAE), recante il Movement Reference Number (MRN) e deve controllare, mediante il sito Internet dell’Agenzia delle dogane, il risultato di uscita, stampandolo e tenendolo agli atti.
Al fine di verificare la corretta compilazione della dichiarazione dell’esportazione, è opportuno chiedere allo spedizioniere doganale anche il tracciato del Documento Amministrativo Unico (DAU).

 

Cessione attraverso internet di beni fisici a operatori economici (commercio elettronico indiretto B2B)

 

1.      Operatori economici italiani

Il venditore è obbligato a emettere la fattura di vendita e ad annotare la stessa nel registro delle fatture emesse (art. 23 del Dpr 633/1972).

La fattura deve essere emessa all’atto della consegna o spedizione dei beni.
Nel caso in cui venga emesso il Documento di Trasporto (DDT), la fattura può essere emessa entro il 15 del mese successivo a quello di inizio del trasporto (art. 21, c. 4 del DPR 633/1972).
Se anteriormente alla consegna o spedizione dei beni, viene incassato il corrispettivo, la fattura deve essere emessa entro le ore 24 del giorno in cui è stato incassato il corrispettivo.
In pratica, se il pagamento della fornitura viene eseguito all’atto della compilazione dell’ordine, mediante carta di credito o Paypal, è necessario emettere fattura immediata.

 

2.      Operatori economici di altro Paese UE

L’impresa italiana deve attuare un controllo dei numeri identificativi Iva comunicati dai clienti – operatori economici di altro Paese UE mediante l’archivio VIES, stampando l’esito dell’avvenuto controllo e tenendolo agli atti.

In base alle regole in tema di cessioni intracomunitarie di beni, l’operazione comporta i seguenti adempimenti:

  1. richiedere il numero di identificazione Iva al cessionario di altro Paese UE.
  2. Verificare la validità del numero comunicato dal soggetto estero o presso l’Agenzia delle Entrate o mediante interrogazione a mezzo Internet, accedendo all’archivio VIES.
  3. Emettere la fattura di vendita nei confronti del cliente estero, senza applicazione dell’Iva italiana, indicando in fattura il proprio numero identificativo Iva e quello del cliente estero. In fattura dovrà essere inserita la dicitura “Operazione non imponibile articolo 41, comma 1, lettera a), del DL 331/1993”.
  4. Tale fattura deve essere emessa entro il 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione dei prodotti e annotata sul registro delle fatture emesse entro la data di emissione e con riferimento al mese di consegna o spedizione dei beni.
  5. Inviare i beni all’estero.
  6. Tenere agli atti tutta la documentazione atta a provare che i beni sono usciti dal territorio italiano e sono giunti al destinatario finale.
  7. Trasmettere all’Agenzia delle Dogane, in via telematica, secondo la periodicità prevista dalla legge, l’elenco delle cessioni intracomunitarie di beni (Modelli Intra-1 e Intra-1 bis).
  8. Nel caso di operazioni con clienti di Paesi Black List inviare in via telematica la relativa comunicazione.

 

 3.      Operatori economici di Paesi extra – UE

La procedura di esportazione non si differenzia a seconda della natura del cliente (consumatore finale o operatore economico) per cui valgono le considerazioni riportate relativo alla vendita di merci a consumatori finali di Paesi extra – UE.

 

Marco Mastromattei
info@studiomastromattei.it
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